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LA GRANDE SORELLA
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Tre sorelle, ma Cechov non c’entra,
e neppure Orwell e il suo “Grande fratello” e naturalmente tanto
meno la trasmissione televisiva che ne usurpa il titolo. Semmai
Tolstoj quando scrive che “Le famiglie felici si somigliano
tutte, le famiglie infelici sono infelici ciascuna a modo
suo”. Questo naturalmente vale anche per le sorelle e La
grande sorella è per l’appunto un variegato campionario di
infelicità, di insofferenze, di insoddisfazioni incarnate in un
gruppo di donne il cui comune denominatore è la ‘sorellanza’
vista però attraverso la lente dell’ironia che le pone in
situazioni grottesche al limite del paradosso.
C’è, niente meno, la sorella di
Dio, con rivendicazioni femministe nei confronti del suo davvero
grande fratello. E ci sono sorelle di illustri protagonisti della
letteratura e del teatro, come Ismene, sorella di Antigone, e Grete,
sorella dell’infelice Gregorio Samsa costretto da Kafka a subire
una orribile metamorfosi in scarafaggio. Sorelle messe un po’ in
ombra dai loro famosi congiunti.
Ma ci sono anche donne più comuni
che sentono molto il loro legame di sorelle specialmente quando si
tratta degli interessi di famiglia; così forte questo sentimento che
di fronte al rapimento
del fratello e alla prospettiva di
pagare un congruo riscatto si fanno venire il ‘giusto’ dubbio che
l’unico figlio maschio sia stato concepito fuori dal talamo
coniugale e che quindi la faccenda del riscatto non sia compito loro.
Varia umanità in un susseguirsi di
personaggi ora sornioni, ora irridenti ora buffi.: un omaggio al
cabaret degli anni sessanta brillantemente interpretato soprattutto
da due formazioni, Fo Parenti Durano, e Valeri
Bonucci Caprioli